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Dalla segregazione alla ghettizzazione.

Il concentramento della comunità ebraica in ghetti è la terza fase del processo di distruzione degli ebrei. In Germania questo processo si manifesta spontaneamente, infatti, il raggruppamento di ebrei in grandi città e la loro separazione dalla popolazione tedesca è il risultato indiretto delle azioni anti ebraiche. Diversamente il processo di ghettizzazione che avverrà in Polonia sarà frutto di una pianificazione deliberata e accurata.
Successivamente anche la popolazione ebraica tedesca sarà trasferita nei ghetti polacchi e da qui ai campi di sterminio o all’eliminazione attraverso le fucilazioni di massa.

La segregazione in Germania.

Prima della salita al potere dei nazisti, la popolazione ebraica della Germania è già una popolazione urbana e questa tendenza assume un’accelerazione a partire dal 1933.
Le famiglie ebree isolate nei villaggi di campagna, tendono a trasferirsi in città più grandi in cerca di protezione. La corrente migratoria le conduce a Berlino, Vienna, Francoforte e in tutti i grossi agglomerati. In questa maniera in Germania avviene un concentramento degli ebrei in maniera “spontanea”.
Il fenomeno migratorio è soprattutto il risultato dell’impoverimento progressivo, che produce un rafforzamento dei legami di dipendenza all’interno della comunità ebraica e alle sue organizzazioni di mutuo soccorso.
I ghetti nelle città del Reich e del Protettorato di Boemia e Moravia non hanno cinta di murarie, questo tipo di ghetto farà la sua comparsa più tardi in Polonia e in Russia.

Resta comunque un dato di fatto che la comunità ebraica della Germania è sottomessa a condizioni di vita che corrisponderanno per molti aspetti a quelle di un ghetto.
Come sottolineato da Raul Hilberg, uno dei maggiori storici delle questione ebraica, cinque sono le tappe che segnano il processo di concertamento degli ebrei in Germania.

  1. La rottura imposta delle relazioni sociali tra Ebrei e Tedeschi
  2. La delimitazione dei luoghi di residenza
  3. La regolamentazione degli spostamenti
  4. Le misure specifiche di identificazione
  5. L’istituzione di procedure amministrative differenziate

La rottura imposta delle relazioni sociali tra Ebrei e Tedeschi.

La rottura  dei legami tra gli ebrei e i non ebrei è la conseguenza indiretta delle leggi antisemite e delle espropriazioni attuate ai loro danni. Ad esempio i licenziamenti e l’allottamento degli ebrei dalla funzione pubblica o dalle industrie private, hanno come conseguenza la separazione dai colleghi tedeschi.
L’arianizzazione o la liquidazione delle imprese ebraiche, elimina ogni possibilità di interagire con il resto della popolazione tedesca.

Arrivano poi una serie di provvedimenti minori che accentuano l’isolamento:

  • i luoghi di villeggiatura o spiagge sono proibiti agli ebrei
  • agli ebrei è vietato il ricovero negli ospedali dei tedeschi
  • i barbieri ebrei non possono servire clienti ariani.
  • gli ebrei non possono utilizzare mezzi pubblici riservati ai tedeschi
  • gli orari per gli acquisti devono essere diversi rispetto a quelli degli ariani

L’insieme di tutti questi provvedimenti genera, nella popolazione ebrea, dei risvolti sociologici e psicologici che li mette ai margini della società tedesca.

Una donna siede in un parco, nascondendosi il viso; sulla panchina si legge la scritta: “Solo per Ebrei”. Austria, marzo 1938 circa.

La delimitazione dei luoghi di residenza facilita il concentramento degli ebrei.

Il 28 dicembre 1939, Hermann Göring emana una direttiva ordinando agli ebrei di concentrarsi non in particolari quartieri ma in singoli palazzi. Per rendere possibile questo suo ordine viene modificata la disciplina dei contratti di locazione. Da questo momento i proprietari di case non ebrei possono rescindere senza preavviso i contratti stipulati con ebrei.

A favorire l’ondata di trasferimenti è il precedente decreto del 30 aprile 1939, che stabilisce che un proprietario tedesco è in diritto di espellere il suo affittuario ebreo a condizione di poter dimostrare che questi ha la possibilità di alloggiare altrove. Nel contempo la norma obbliga gli Ebrei, che dispongono ancora di un alloggio di proprietà, ad accettare come affittuari le famiglie ebree senza casa. La conseguenza di tutto ciò è la creazione delle “Judenhäuser” “Case ebraiche” nelle quali vengono stipati gli ebrei tedeschi. Le condizioni di vita in questi appartamenti sono nella maggioranza dei casi intollerabili. L’affollamento e la mancanza di ogni elementare forma di privacy rende il concentramento degli ebrei in queste case inaccettabile.

concentramento degli ebrei
La “Judenhaus”, in Bonehauerstraße 61, ad Hannover

La regolamentazione degli spostamenti

Ostacolare gli spostamenti degli ebrei significa impedire agli stessi di sottrarsi alla segregazione e al concentramento. Per centrare l’obiettivo saranno necessari una serie innumerevole di provvedimenti.
All’interno delle città, nuove regole del trasporto pubblico restringono ancora di più le possibilità di spostamento. Ad esempio, nel 1941 il prefetto di polizia di Praga vieta agli ebrei l’uso dei tram e degli autobus. Su tutto il territorio del Reich, Austria compresa, il ministero dei Trasporti, il 18 settembre 1941, decide che gli Ebrei non avrebbero più avuto libero accesso ai mezzi di trasporto pubblico durante le ore di punta, e che per il resto della giornata non avrebbero potuto occupare un posto a sedere, se non dopo che tutti i viaggiatori tedeschi si fossero già seduti.

Il 24 marzo 1942, in accordo con il ministero dei Trasporti e delle Poste, Reinhard Heydrich va ben oltre. Ormai gli Ebrei non possono usare nessun mezzo di trasporto pubblico, metrò, tram, autobus o altro, senza un permesso speciale rilasciato dalla polizia urbana.
Le possibilità di comunicazione sono ulteriormente ridotte dalla proibizione del telefono. Dal 1941, si tagliano le linee private degli abbonati ebrei. L’utilizzo degli apparecchi pubblici viene limitato a conversazioni con ariani e infine, anche questa possibilità scompare e su tutte le cabine telefoniche appare la scritta “Vietato l’uso agli ebrei”.

Le misure specifiche di identificazione.

Come in tutti i paesi del mondo, anche in Germania chiunque abbia intenzione di espatriare ha necessità di un passaporto. All’inizio, niente nel documento indica che il possessore possa essere ebreo. Nessuno apparentemente pensa di farne menzione sui passaporti rilasciati tempo addietro o di recente, finché un giorno alcuni funzionari di un altro Paese avanzano la richiesta al Governo della Germania. Paradossalmente questa richiesta arriva da un paese neutrale come la Svizzera, nell’intento di controllare l’immigrazione ebraica sul suo territorio.

La “J” maiuscola inchiostrata di rosso.

La Germania non si fa attendere, con un decreto datato 5 ottobre 1938 e la firma del Ministerialdirigent Best, capo del servizio amministrativo della Polizia di sicurezza, stabilisce che tutti i passaporti tedeschi rilasciati agli ebrei sarebbero stati timbrati con una grande “J” maiuscola inchiostrata di rosso.

Anche sui passaporti deve essere evidenziata la distinzione rispetto ai cittadini tedeschi con la J di “Juden”. Paradossalmente questa distinzione sul passaporto fu chiesta dal governo Svizzero, al governo Tedesco per controllare l’immigrazione ebraica sul suo territorio.

Lo Stato definisce i nomi della popolazione ebrea.

Un altro aspetto del sistema di identificazione degli ebrei consisterà nell’imporre loro dei nomi specifici.
Il decreto del 17 agosto del 1938, firmato da Wilhelm Stuckart, segretario di Stato all’Interno e Franz Gürtner, ministro della Giustizia è opera del Ministerialrat Hans Globke, esperto in onomastica presso il ministero dell’Interno. Ormai, gli Ebrei devono
aggiungere “Israel” e “Sara” al loro nome corrente a meno che questo non risulti già nell’elenco ufficiale approvato dal Ministero dell’Interno.

Il marchio con stella di David.

Arriva poi il più “odioso” ed evidente provvedimento quello del 10 settembre 1941: “il marchio con stella di David”.
Con tale provvedimento gli ebrei di età superiore ai sei anni hanno l’obbligo di mostrarsi in pubblico portando la stella gialla. Questa, tratteggiata di nero su fondo giallo e larga come il palmo di una mano, deve avere inscritto al centro la parola “Jude”. La stella deve essere cucita saldamente ai vestiti, davanti e sul lato sinistro. L’identificazione raggiunge due scopi: garantisce che gli ebrei rispettino le restrizioni sugli spostamenti e dall’altro lato li intimorisce ancora di più esponendoli pubblicamente. Così l’intero popolo tedesco diviene una potenziale polizia in grado di osservare i comportamenti degli ebrei in ogni momento.

concentramento degli ebrei
Due donne ebree tedesche che portano, cucita sugli abiti, la stella gialla di David. Germania, 27 settembre 1941.

E’ in questo modo che, in un susseguirsi di tappe, la comunità ebraica si ritrova socialmente isolata, ammassata in caseggiati riservati, largamente privata della libertà di movimento, esposta ai contraccolpi di un insieme di provvedimenti di identificazione. L’ultimo gradino di questo meccanismo, che abbiamo chiamato processo di concentramento degli ebrei tedeschi, è l’apparato amministrativo e burocratico ebraico, che pone la popolazione ebrea alla mercé dei Tedeschi.

L’istituzione di procedure amministrative differenziate

Il processo di segregazione prevede un’ultima tappa: la creazione di una amministrazione e di una burocrazia separata per ariani ed ebrei. In questo processo i nazisti sono agevolati dall’esistenza di organizzazioni ebraiche a livello locale e nazionale.
In ogni città dove esiste un raggruppamento di Ebrei, vi si trova una loro “Gemeinde” “Comunità”, con un “Vorstand” “Consiglio di Amministrazione” che vigila sul funzionamento delle scuole, delle sinagoghe, degli ospedali e degli orfanotrofi o di altre opere di assistenza.

Prima dell’arrivo del nazismo queste “Comunità” hanno già iniziato un percorso di centralizzazione con la costituzione di federazioni regionali. A partire dal 1933 si costituisce un’organizzazione nazionale, a cui capo viene posto il rabbino Leo Baeck, che nel 1939 prende il nome di Unione Nazionale degli Ebrei di Germania.

Quando, nel 1933, i dirigenti ebrei si trovano a confronto con il nuovo potere, inizialmente tentano di aprire un dialogo con i nazisti. Il loro tentativo è quello di essere considerati una “controparte” per la soluzione della “judenfrage” della questione ebraica.
Ad esempio il presidente della Comunità ebraica di Berlino, scrive a Hitler esprimendo la sua costernazione di fronte al boicottaggio nazista, ricordando i 1.200 ebrei caduti durante la prima guerra mondiale. In realtà ad Hitler ed al nazismo non interessa creare alcun dialogo con i dirigenti ebraici. Lo scopo dei nazisti è la creazione di un organismo ebraico meramente amministrativo e di mutuo soccorso dipendente dalle decisioni di Adolf Hitler.

Il 4 luglio 1939 un decreto pone l’Unione sotto il controllo della RSHA – Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich, anche se formalmente Leo Baeck e il suo vice Otto Hirsch rimangono al loro posto di amministratori.
I nazisti trasformano i compiti dell’Unione e da questo momento tutti gli ebrei sono costretti ad aderirvi in quanto appartenenti alla razza ebraica.

Leo Baeck e gli altri dirigenti commettono l’errore di credere che obbedendo agli ordini dei tedeschi avrebbero migliorato la condizione della Comunità ebraica.
In realtà l’Unione diviene lo strumento di gestione dei provvedimenti restrittivi, fornisce gli elenchi degli ebrei tedeschi favorendo l’identificazione, collabora nel concentrare gli ebrei nei palazzi a loro destinati, apre conti correnti controllabili dai tedeschi e alla fine collaborerà alla gestione dei trasporti degli ebrei tedeschi verso oriente.
Quando nel 1943 Hitler deciderà la definitiva eliminazione degli ebrei tedeschi l’Unione verrà sciolta.

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