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Gli esperimenti medici nazisti con fosgene e l’iprite iniziano dopo lo sbarco degli americani in Africa Settentrionale nel 1942. E’ in questo momento che il servizio segreto militare tedesco ABWHER segnala la presenza nel Nord Africa di 50.000 tonnellate di fosgene degli alleati. Successivamente, i bombardamenti delle città tedesche con bombe al fosforo aumenteranno ulteriormente le preoccupazioni naziste.
E’ quindi necessario comprendere come curare i soldati e i civili colpiti dal fosgene, un gas asfissiante che provoca edema polmonare e, in forma liquida, è in grado di causare gravissime ustioni cutanee. Allo stesso tempo, è importante capire quali possono essere i metodi migliori per difendersi dagli attacchi con l’iprite, un gas già sperimentato durante la Prima Guerra Mondiale.
In realtà, Heinrich Himmler ha avviato gli studi sull’iprite già nel 1939. Un gruppo di medici ha iniziato a lavorare a Dachau. Quando si scopre che il professor August Hirt sta conducendo esperimenti simili, Himmler lo contatta immediatamente. Una lettera da parte di Wolfram Sievers, collaboratore di Himmler, offre ad Hirt “aiuti eccezionali” per le sue ricerche nel campo di concentramento di Dachau. Questi “aiuti eccezionali” consistono, ancora una volta, in cavie umane. Hirt invia prontamente un resoconto delle sue ricerche e accetta con entusiasmo l’offerta di Himmler e Sievers.
Iniziano gli esperimenti
L’unico campo abbastanza vicino all’Università di Strasburgo, dove Hirt lavora, è il campo di Struthof-Natzweiler. Il comandante del campo, Joseph Kramer, riceve l’ordine di mettersi a disposizione per gli esperimenti. Nel frattempo, il dottor Wolter, medico delle SS, inizia a condurre i suoi esperimenti a Dachau.

Hirt si mette al lavoro su un primo gruppo di 15 detenuti. Gli esperimenti medici nazisti iniziali, consistono nello spalmare sul braccio del malcapitato alcune gocce di fosgene. Il risultato è un’ustione profonda. Dopo alcuni giorni, la metà delle “cavie” diventa cieca a causa dei vapori di fosgene. Poi alcuni iniziano a morire, permettendo a Hirt di eseguire “interessanti” autopsie. Gli esperimenti diventano così intriganti che si decide di coinvolgere un altro medico di Strasburgo, il professor Otto Bickenbach.
Il nuovo arrivato cerca di stabilire gli effetti della inalazione diretta di fosgene. Poco importa che il 50% dei soggetti muoia, Bickenbach afferma:
“Non dobbiamo pensare a qualche criminale rinchiuso nei nostri campi, ma ai nostri soldati, ai milioni di donne e bambini tedeschi esposti ad un pericolo così spaventoso”
Esperimenti di immunizzazione da fosgene sui prigionieri zingari
Vengono scelti prigionieri zingari. Il metodo è semplice: gli zingari entrano a coppie in una camera stagna. La porta, chiudendosi alle loro spalle, apre una fiala di fosgene. Una delle due vittime è stata immunizzata con una endovenosa di urotropina, l’altra no. Rimangono 20 minuti nella camera. Poi segue la coppia successiva. I risultati sono “brillanti” e gli immunizzati sopravvivono, ma a Himmler non basta. Ora occorre stabilire in quanto tempo si possono recuperare le forze dopo l’esposizione. Così i sopravvissuti vengono fatti correre a suon di frustate.
Meno brillanti sono i risultati che ottiene il dottor Erwin Ding-Schuler. Le pomate che applica alle ustioni provocate su detenuti politici non funzionano a dovere e le “cavie” muoiono spesso tra atroci sofferenze. Gli esperimenti di Hirt continuano sino al 1944 inoltrato. Vengono usate dosi sempre più massicce di fosgene su ogni cavia. I risultati sono sempre più mortali. Ma ad Hirt importa poco. Bisogna pensare ai soldati tedeschi.