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La pubblicazione del “Manifesto della razza”1

Il cosiddetto “Manifesto degli scienziati razzisti”, meglio noto come “Manifesto della razza”, appare in anonimato sulle pagine del Giornale d’Italia il 14 luglio 1938, con il titolo “Il Fascismo e i problemi della razza”.
Questo documento, che si inserisce nel solco di una pericolosa e infondata retorica razzista, viene successivamente rivendicato il 25 luglio 1938 attraverso un “Comunicato stampa della Segreteria del Partito Nazionale Fascista” firmato da Achille Starace, di cui è Segretario generale.
Nel tentativo di dare credibilità al decalogo razzista, il comunicato attribuisce a dieci scienziati l’elaborazione del testo, o quantomeno la loro approvazione delle tesi ivi presentate.

La pubblicazione sulla rivista “La difesa della razza”

Il “Manifesto della razza”, accompagnato dal comunicato precedente, si ripubblica sulla rivista “La difesa della razza” il 5 agosto 1938. La nascita del Manifesto si ricostruisce tramite un memoriale di Guido Landra datato 7 settembre 1940. Landra ricorda che, nel febbraio 1938, dopo aver inviato a Benito Mussolini alcune note sul razzismo, viene chiamato dal Ministro della Cultura popolare Dino Alfieri. Questi gli affida l’incarico di formare un comitato per lo studio e l’organizzazione di una campagna razziale.
Assistente di Sergio Sergi alla cattedra di Antropologia all’Università La Sapienza, Landra si distingue per le sue teorie razziste, in particolare quelle relative al colonialismo2.

Ecco come Guido Landra attraverso una lettera si rivolge direttamente a Mussolini:

“Duce, nel febbraio del 1938 Voi, avendo approvato alcuni miei appunti contenenti dei consigli tecnici per il razzismo, mi faceste chiamare dal Ministro Alfieri e mi incaricaste di costituire un comitato scientifico per lo studio e l’organizzazione della campagna razziale. … Lo stesso giorno il Ministro Alfieri mi aggiunse le sue direttive e mi incaricò di fissare per iscritto i punti essenziali del Vostro pensiero in materia razziale: questo io feci immediatamente riunendo in una specie di decalogo le Vostre direttive.  … in tal modo veniva fatalmente superato il periodo di studio preparatorio, perché il razzismo italiano aveva già trovato la sua espressione più vera ed originale essendosi il Manifesto ispirato direttamente al Vostro pensiero.3”.

Il 24 giugno 1938, Landra incontra il Duce, che gli espone la sua visione sulla questione razziale e gli anticipa il progetto di istituire un Ufficio Studi sulla razza presso il Ministero della Cultura popolare. L’obiettivo è definire, in breve tempo, i principi base per lanciare la campagna razziale in Italia. Guido Landra si attiva immediatamente e stila rapidamente il Manifesto del 14 luglio.

La paternità del Manifesto

Il Duce origina l’idea che il “Manifesto degli scienziati razzisti” segni il culmine di un dibattito collettivo tra professori universitari. Tuttavia, Mussolini, impaziente, il 24 giugno chiama solo Guido Landra, giovane e malleabile assistente di antropologia a Roma, nominandolo coordinatore per dettargli un decalogo. Così prende vita il manifesto del razzismo italiano. Prima di pubblicarlo, i membri del comitato, estranei alla sua stesura, vengono sollecitati a supportarlo4. La loro reazione al testo è di sgomento, con Sabato Visco, insieme a Pende tra i più prestigiosi accademici e politici, che protesta:

“non avalleremo le castronerie di qualche giovane cui abbiamo avuto il torto di conferire la laurea uno o due anni fa!”

Tuttavia, quando Dino Alfieri, Ministro della Cultura popolare, lo informa che Mussolini è l’autore, Visco ammorbidisce la sua posizione e il comitato si scioglie senza alcun risultato. Pochi giorni dopo, i nomi dei professori vengono pubblicati come autori del Manifesto. In questo modo, Mussolini coinvolge i professori, reticenti su alcuni aspetti scientifici ma obbedienti al regime, escludendo i membri del partito e conferendo una vernice di legittimità scientifica al Manifesto.

Le modalità di assegnazione e i criteri per redigere il testo del “Manifesto della razza” ricevono conferma anche da Galeazzo Ciano, che nel suo Diario5 annota:

“il Duce mi annuncia la pubblicazione da parte del Giornale d’Italia di uno statement sulla questione della razza. Figura scritto da un gruppo di studiosi sotto l’egida della Cultura popolare. Mi dice che in realtà l’ha quasi completamente redatto lui”.

Anche Giuseppe Bottai6 nelle sue memorie, racconta che il Manifesto sia stato redatto dallo stesso Duce e quindi frutto di una sua iniziativa.

Le funzioni sociali e politiche del manifesto degli scienziati razzisti

Aldilà di ogni base antropologica e filosofica creata a supporto del “Manifesto della razza”, le dottrine discriminatorie svolgono due chiare funzioni sociali e politiche.
La prima funzione, descritta nell’articolo “Razzismo e fascismo”, è di natura geopolitica: il rafforzamento dell’Impero tramite la promozione della purezza della razza italica.
La seconda è una necessità di Mussolini. Per il Duce nel 1938 l’antisemitismo diventa uno strumento per stimolare la dinamica del sistema politico, necessaria per forgiare l’Uomo nuovo fascista. Già nel novembre del 1937 Mussolini confidava a Ciano:

“Quando la Spagna sarà finita, troverò qualcos’altro, ma bisogna forgiare il carattere degli italiani attraverso la lotta”.

Fino al crollo del fascismo, le sorti di circa 45.000 ebrei italiani saranno nelle mani dei militanti fascisti e dei dirigenti politici e amministrativi. L’apparato organizzativo fascista dimostrerà grande efficienza nella persecuzione di questi cittadini incolpevoli7.


  1. Le informazioni di questo testo sono state rielaborate da un importante lavoro di documentazione, raccolta in un saggio sul “Manifesto degli scienziati razzisti del 14 luglio 1938”, a cura del servizio Studi, Documentazione e Biblioteca del Quirinale. ↩︎
  2. Valentina Pisanty la difesa della razza antologia 1938-1943 tascabili Bompiani 2006 pag. 27 e seguenti. ↩︎
  3. Franco Cuomo “I dieci. Chi erano gli scienziati italiani che firmarono il Manifesto della razza” – Baldini Castoldi S.p.A. 2005 ↩︎
  4. Roberto Sinigaglia, Le Leggi razziali del 1938 in Italia, www.tuttostoria.net, 1 maggio 2013 ↩︎
  5. Galeazzo Ciano 1937-1943 Milano Rizzoli 1990 pag. 158 ↩︎
  6. G. Bottai Diario 1935-1944 Milano Rizzoli 1989 pag. 136 ↩︎
  7. M. Cattaruzza, M. Flores, S. L. Sullam, E. Traverso, Storia della Shoah, volume I, Utet, 2005, pagg. 449-450 ↩︎

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