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Persecuzione degli ebrei: i nazisti al potere

La persecuzione degli ebrei ha inizio quando Adolf Hitler giunge al potere nel 1933. Infatti, egli ritiene fin da subito di dover attuare misure rigide e severe in difesa della razza tedesca.
Riprendendo le tesi dell’eugenetica, il nazismo pone come obiettivo principale la costruzione di un Reich ‘Judenfrei’, ovvero ‘libero dagli ebrei’.
Per “ripulire” la Germania dagli ebrei si pensa, almeno in questa prima fase, di costringerli ad emigrare. L’introduzione delle “Leggi di Norimberga e di altri provvedimenti legislativi sempre più oppressivi, rende loro intollerabili le condizioni di vita spingendoli verso un esodo definitivo all’estero. Il bilancio di questa fase, tuttavia, non rappresenta un grande successo.
Dei 520.000 ebrei tedeschi che vivono in Germania nel 1933, ne rimangono 350.000 nel 1938, ma in quello stesso anno con l’annessione dell’Austria i nazisti si trovano a dover considerare anche il destino dei 190.000 ebrei austriaci.
Riuscire a far emigrare altri 540.000 ebrei appare impresa impossibile.
E’ ormai chiaro che ogni espansione della Germania nazista avrebbe aumentato il numero degli ebrei da far emigrare.

Persecuzione degli ebrei
Questa illustrazione razzista del 1938 confronta la ‘gioventù tedesca’ con quella ‘ebraica’. In rosso si legge: ‘Dal viso parla l’anima della razza’. Proviene dal testo di Alfred Vogel “Eredità e igiene razziale”. I nazisti usavano teorie razziste per etichettare gruppi di persone come inferiori e come ‘nemici’, sostenendo che le razze “superiori” non avevano solo il diritto, ma l’obbligo di sottomettere e persino sterminare quelle “inferiori”.

Operazione “Madagascar”

Nel frattempo le altre nazioni straniere non sono in grado o non vogliono assorbire l’ondata di emigrazione ebraica proveniente dal Reich e scaturita persecuzione degli ebrei. La soluzione “emigrazione” alla vigilia della seconda guerra mondiale appare sostanzialmente fallita.
Si fa così strada l’idea di trasferire forzatamente gli ebrei tedeschi in un luogo remoto. Il luogo prescelto è individuato nell’isola di Madagascar, all’epoca colonia francese. Per rendere possibile il piano, è necessario sottoscrivere un accordo diplomatico con la Francia, ma nonostante i numerosi colloqui non si raggiunge mai alcun risultato positivo.
Con l’avvio della guerra e la sconfitta della Francia torna in auge il progetto “Madagascar”.
A complicare la realizzazione del progetto è però la resistenza della Gran Bretagna e la nuova mutata situazione del 1940. Infatti, ai 520.000 ebrei tedeschi vanno aggiunti anche quelli residenti nelle nazioni sottomesse al Reich. Ad esempio i soli ebrei polacchi sono più di 2.000.000 di persone.

Persecuzione degli ebrei
Una coppia di sposi, lei tedesca e lui ebreo, viene umiliata pubblicamente a Cuxhaven, città della Bassa Sassonia. I nazisti li hanno obbligati ad appendersi al collo dei cartelli fortemente offensivi: la punizione serviva a scoraggiare le unioni tra “ariani” ed ebrei.

Necessitano nuove soluzioni

Persecuzione degli ebrei

Dal diario personale di Gerhard Engel, ufficiale in servizio come aiutante del Führer, sappiamo che Hitler ha ancora in testa l’idea dell’emigrazione forzata, pur ammettendo di aver affrontato il problema pensando soltanto agli ebrei residenti nel Reich.
Bisogna quindi riprendere in mano la questione del Madagascar con i francesi. Martin Bormann, suo segretario personale, fa presente ad Hitler che la presenza della flotta inglese lungo la via di navigazione rappresenta un grande ostacolo al trasporto di così tanti ebrei verso l’isola. Il Führer deve ammettere di non essere disposto ad esporre i marinai tedeschi ai siluri inglesi per la persecuzione degli ebrei.

L’applicazione delle ‘Leggi di Norimberga’ e degli altri provvedimenti legislativi ha ormai privato gli ebrei di tutti i diritti civili. Giunti a questo punto “l’influenza ebraica deve essere eliminata da tutti i territori sotto il controllo del Reich” e Hitler deve pensare a nuove soluzioni.


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