Leggi razziali in Germania

Le leggi razziali in Germania costituirono la pietra angolare della politica razziale nazista. La loro introduzione ebbe come conseguenza l’immediata e concreta segregazione degli Ebrei. I tribunali tedeschi non poterono più citare opinioni o studi legali scritti da Ebrei, gli ufficiali ebrei vennero espulsi dall’esercito e gli studenti universitari non poterono più sostenere gli esami di Dottorato.

Nel 1937 e nel 1938, le autorità tedesche inasprirono la persecuzione legale degli Ebrei tedeschi. Il governo cominciò ad impoverire gli Ebrei e a rimuoverli dall’economia tedesca richiedendo loro di registrare le loro proprietà ed impedendo loro di guadagnarsi da vivere. I Nazisti proibirono ai medici ebrei di curare pazienti non-ebrei e revocò la licenza agli avvocati ebrei. Nell’agosto del 1938, le autorità germaniche decretarono che a partire dal primo gennaio 1939, tutti gli Ebrei che avessero nomi di battesimo “non ebrei” dovessero aggiungere il nome “Israel”, e “Sara”. Tutti gli Ebrei dovevano avere carte d’identità indicanti il proprio retaggio ebraico e, nell’autunno del 1938, tutti i passaporti vennero stampigliati con la lettera “G” di giudeo.